Il nome “Bingo” deriva da un gioco simile alla tombola, praticato in Georgia, che veniva chiamato Beano (Bean, in inglese, significa “fagiolo”) per via dei fagioli secchi usati per coprire i numeri estratti sulla propria cartella. Chi copriva per primo tutti i numeri esclamava “Beano!”.
Probabilmente, la storpiatura in “Bingo” è dovuta ad un fortunato vincitore e alla sua foga di pronunciarsi come tale.

Il controllo del gioco è riservato allo Stato che, dal 2000, lo esercita tramite AAMS. L’Amministrazione affida in concessione l’esercizio del gioco a dei privati. Questi apportano gli investimenti necessari e gli strumenti imprenditoriali idonei gestendo il gioco secondo regole, la cui osservanza è costantemente verificata.

La normativa italiana conferisce al gioco del Bingo il carattere di intrattenimento e socializzazione. Il Bingo è ritenuto un gioco per impiegare piacevolmente il proprio tempo libero, differenziandolo così da altri giochi, basati prevalentemente su comportamenti individuali e sulla distanza (fisica e temporale) tra il momento del gioco e quello della vincita. 

Le sale Bingo fino a qualche anno fa erano aperte 8 ore al giorno e “accoglievano” anche bambini. Vista la notevole affluenza e il successo riscosso, specialmente tra le donne, una normativa ha vietato l’ingresso di minori alle sale da gioco.

La particolare conformazione dell’ambiente, che presenta tavoli da 8 a massimo 10 posti, facilita l’illusione di trovarsi in un ambiente familiare; ad alimentare la pericolosità e l’alienazione data dal Bingo, contribuisce il fatto che molti esercizi siano aperti 24h su 24h.
La somiglianza tra il Bingo e la tombola tradizionale rimanda, nell’immaginario collettivo, a vissuti di gioiose feste in famiglia dove tutti – dai più piccoli ai più anziani – erano riuniti intorno alla tavola a giocare.

Queste somiglianze non sono certamente casuali quanto piuttosto intenzionalmente volte a dotare il Bingo di un forte potere socializzante. Nulla di più falso.
La velocità delle estrazioni, l’assenza di orologi che scandiscano il tempo, la ripetitività, disorientante, quasi ipnotica.
Le partite durano in media tre minuti e a pochi secondi dalla fine di una partita già una schiera di venditori è pronta a sottoporre nuove cartelle agli avventori.
Il ritmo incessante delle giocate non lascia nemmeno il tempo al giocatore di preoccuparsi della perdita perché già è intento ad iniziare una nuova partita. La voglia di “rifarsi” e di recuperare i soldi fino ad allora persi quindi trascina il giocatore in una spirale che lo travolge.
Secondo i dati ISTAT il bingo ha incassi che si aggirano intorno ai 50 milioni di euro annui.

Caterina Giampieri

Team Servizio Civile Digitale
Polo9 – Impresa Sociale