La possibilità di effettuare transazioni borsistiche attraverso Internet ha profondamente modificato il mondo della Borsa e anche molte delle dinamiche che orientano i mercati finanziari internazionali.

La massiccia implementazione in tali ambiti dei supporti digitali e telematici consente infatti una estrema velocizzazione delle operazioni di acquisto e vendita di azioni, permettendo sia al piccolo investitore che ai grandi operatori dell’alta finanza di intervenire sui principali mercati mondiali in modo istantaneo e n un’estrema semplificazione ed economizzazione delle modalità di compravendita di azioni, titoli e derivati finanziari di ogni tipo.

Sono proprio queste caratteristiche che espongono alcuni soggetti ad un uso compulsivo del trading on line, che porta sia ad una dilatazione del tempo dedicato a tali operazioni sia alla comparsa di una ideazione prevalente, per cui la vita mentale di tali soggetti sembra ruotare, a volte anche per mesi, sulle tematiche borsistiche e sull’andamento dei mercati.

Tra le varie forme di uso patologico di Internet, quello legato al trading on line è forse il più sottostimato, nonostante la sua prossimità al gioco d’azzardo patologico.

Le ragioni possono risiedere nel fatto che le operazioni borsistiche richiedono in ogni caso conoscenza e capacità e quindi sono appannaggio di utenti più colti e smaliziati. Questo aspetto, inoltre, può determinare una diminuzione dei sensi di colpa che nel vissuto del trander non sono legati, come nel gioco d’azzardo, ad una attività ludica e morbosa ma bensì a operazioni finanziarie e di investimento di capitali di tipo paraprofessionale.

Le schermate dei siti che offrono la possibilità di operare in borsa tramite Internet assomigliano sempre più a quelle dei videogiochi evoluti e la facilità con la quale, cliccando su bottoni colorati, si possono acquistare o vendere azioni di tutti i mercati mondiali aumenta ancora di più il vissuto ludico e virtuale, a scapito della percezione del valore delle ingenti somme che è realmente possibile perdere, anche in tempi brevissimi.

(Estratto da: Caretti V. e La Barbera D. (2005), Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia. Raffaello Cortina, Milano).

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